Ah, il peto! Soffio che dal ventre sale, un suono buffo che nell’aria esala. A volte timido, un sussurro lieve, altre fragoroso, che l’udito beve.
Messaggero indiscreto dell’interno, rivela umori, un moto un po’ moderno. Frutto di fermenti, di segreti umori, un’eco gassosa tra quattro mura o fuori.
C’è il peto silente, subdolo e infingardo, che lascia nell’aria un sentore amaro. E c’è il peto sonoro, che irrompe giocondo, strappando risate a chi sta tutt’intorno.
Nei pranzi abbondanti, compare sovente, un commento inatteso, poco conveniente. Nelle serate calme, un improvviso tuono, che rompe il silenzio in modo un po’ buffono.
Filosofi e poeti, forse l’han taciuto, questo fenomeno umano, così compiuto. Ma nell’umor popolare, trova il suo spazio, un modo leggero per rompere il ghiaccio.
Che sia un sibilo breve o un boato potente, il peto è un mistero, un fatto corrente. Un promemoria che siamo creature, con dentro un motore che fa strane figure.
Quindi, o mio peto, che voli leggero, sii pur benvenuto, sincero e vero. Se porti un sorriso o un’ombra di sdegno, sei parte di noi, compagno di regno!